Con la partecipazione del Maestro Praveen Kumar (India)
Io sono Arlecchino. Sono arrivato attraversando il mare. Ho navigato sul guscio di questa tartaruga... Non la vedete la tartaruga? Non lo vedete il guscio? E non vedete neppure il mare?!! Ma allora... non vedete proprio niente?! Fate finta di vederlo il mare, il guscio, la tartaruga... così almeno capirete qualcosa. E’ bello capire qualcosa quando non si capisce niente.
Un Arlecchino dissociato, morto di sonno, mezzo occidentale e mezzo orientale è in cerca delle sue improbabili origini. Alcuni dicono che è nato a Bergamo, altri a Parigi, altri ancora a Venezia. Ma dove è la sua casa? Dopo aver viaggiato per mare eper terra sul dorso di una tartaruga, crede finalmente di aver scoperto le sue radici. E’ solo un sogno? Un rotolare di onde si mescola col battito del suo cuore e col respiro del mare... Come una violenta grandinata sonora precipitano le musiche delleprocessioni rituali degli elefanti, gli squilli delle loro trombe ricurve e le crepitanti batterie dei loro tamburi. Comincia allora un fiabesco corteo orientale... Nello sciabordìo delle sete e delle luci dei costumi e degli ombrelli cerimoniali dai coloridibrace, avanzano personaggi aristocratici e popolari: re e regina, dignitari e servitori di corte, fanciulle celesti e danzatori nei gonfi rutilanti costumi del Kathakali, le teste calzate delle celebri corone lignee intarsiate d`oro e d`argento. Davanti ai suoi occhi incantati si intrecciano propiziatorie danze di Corte, combattimenti rituali e sacre cerimonie finchè, alla luce di torce in fiamme, lui stesso sfida in un duello danzante una scimmia irriverente e sorniona che si rivela infine essere anch’essa un Arlecchino d’Oriente.“Sul dorso della tartaruga” è una ipotesi scherzosa sulle controverse origini di Arlecchino, uno spettacolo per spazi aperti costruito sull’esplorazione simmetrica fra tradizioni teatrali orientali e occidentali: modi diversi, a volte complementari, altre contrapposti, di pensare il teatro, di sognarlo e di praticarlo.Attori-maschere esotici, sui trampoli , con palloni e bastoni d’oro e ombrelli sacri, con maschere e mezze maschere candide, brune o rosate, evocano unasorta di viaggio che parte dall’estraneità e dalla meraviglia (l’Oriente esotico per l’Occidente e l’Occidente esotico per l’Oriente) e approda alla constatazione d’una fratellanza professionale scoperta attraverso il rispetto delle reciproche differenze.